50. VIVERE DI AMORE.

Share on facebook
Share on twitter
Share on linkedin
Table of Contents

UNA TESTIMONIANZA
LA MORTE: PORTA STRETTA DELLA VITA

Davvero strano che uno scrittore, ovvero una scrittrice, dei nostri
giorni parli della sofferenza e della morte facendone elogio, un
percorso vissuto nel quotidiano attraversando la porta stretta
dell’indifferenza. Sarà pazzia o normalità sfidare il mondo dei “super
eroi”… in un mondo in cui soffrire e morire è una sconfitta, soffrire
è inutile e morire è una vittoria, la soluzione per non soffrire più in
una vita matrimoniale è l’uxoricidio e uccidere la propria prole, la
soluzione per non soffrire più per liberarsi da chi non sopportiamo è
l’omicidio, suicidarsi è la soluzione per non soffrire più per i problemi
della situazione economica. Può essere possibile che morire è un
modo per affrontare la vita?
Tra molti uomini e donne vicini a noi, a volte anche fra i cristiani
praticanti, si respira frequentemente un’aria di indifferenza sul veder
soffrire o quando si provoca la morte altrui. In realtà si tratta di
cuori anestetizzati dall’egoismo e purtroppo ahimè colpiti da una
indifferenza che si è ormai globalizzata. Soffrire, morire o vivere, che
mi importa di te? L’essenziale è togliere di mezzo qualcuno, pur di
sopraffarlo.
La risposta, a tale confusione e decadimento morale, mi è arrivata
meditando un
passo della lettera di Paolo ai Gàlati (GI 6, 14 18) quando afferma:
“Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce dei Signore nostro
Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo è stato crocifisso, come
io per il mondo… E su quanti seguiranno questa norma sia pace e
misericordia di Dio. D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: Difatti io
porto le stimmate di Gesù nel mio corpo. La grazia del Signore nostro
Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli”.
Proprio così, il nostro vanto dovrebbe essere la Croce, ma di una Croce
non da scaraventare addosso agli altri ma da sopportare. Ognuno ­­