non si riusciva più ad alimentare e pesava soltanto
49 chili. Era già stata predisposta la tomba di famiglia
per accoglierla. Sapendola devota di Papa Giovanni XXIII,
le consorelle le appoggiarono un’immaginetta del Pontefice
sullo stomaco, proprio in corrispondenza della perforazione
che non le permetteva di ingerire più nulla. Il 25
maggio 1966, terzo giorno della novena, ebbi la sensazione
che non sarei giunta fino a sera. Il termometro aveva
segnato 39,5o, respiravo affannosamente, chiesi ad una suora
di socchiudere la porta perché desideravo starmene in attesa
del Signore. Potevano essere le 14,40 quando, assopita
e girata sul lato destro, sentii una mano appoggiata
sullo stomaco ed una voce che mi chiamava dal lato
sinistro “Suor Caterina”. Spaventata nel sentire la voce di un uomo mi voltai e vidi, in piedi, accanto al mio letto Papa
Giovanni, dal viso bello e sorridente. Mi disse una frase che
mi è rimasta sempre impressa: “Suor Caterina, mi hai molto
pregato e anche le suore lo hanno fatto! Me l’avete proprio
strappato dal cuore questo miracolo! Ma ora non temere
è tutto finito. Chiama le suore, fatti il termometro mettere, tanto per avere una testimonianza, non hai neppure 37. Mangia tutto come prima, da questo buco non uscirà più nulla. Sta’
tranquilla! Ci sono io, la ferita è chiusa. Dovevi soffrire, perché
tutto questo si avverasse, ti ho assistita dal primo giorno perché non morissi, metti per iscritto l’accaduto”. Guarigione e prodigio ci sono, Caterina è guarita a Gloria di Dio e
dei suoi magnifici e molteplici Santi per devozione, per fede.